sabato 12 settembre 2009

Terra, acqua e fuoco.


Tra tutte le esperienze nipponiche che non ho ancora raccontato e tra cui sto cercando di fare ordine nella mia testa, c'è questa, iniziata come tutte le altre: la vicina di casa dal grembiule giallo che mi sveglia di buon'ora e mi carica in macchina per una destinazione imprecisata.
Una vecchia scuola in montagna, ho scoperto poi, in cui un maestro insegnava alle donne del luogo a lavorare la terracotta.

L'imperfezione speciale

Ciabatte all'ingresso, grembiule da lavoro, un tornio a testa e soprattutto tutte le spiegazioni in giapponese. Si sono fatti in quattro per farsi capire.
Il mio tornio che girava veloce, la mia fatica evidente e qualche fallimento tecnico non gli impedivano di esclamare "sugooooi", "jozu neeee"... ma io nella mia opera non vedevo granché di eccezionale.

...La mia firma!

Le mani del maestro invece erano uno spettacolo. L'argilla gli obbediva silenziosa, si piegava ad ogni sua leggera pressione senza che lui facesse fatica.
Più efficiente di una macchina, in un paio di minuti preparava tazze da the, piatti, vasi.


Sono stata alla scuola tre volte in tutto: la prima ho dato forma alle mie tazze, la seconda, con l'argilla quasi asciutta, le ho decorate, ma la terza..... è stata una cerimonia tribale.
Innanzi tutto era notte fonda.
Il maestro non era nell'aula ma all'aperto, vicino al forno con alcuni uomini del paese: erano lì da tre giorni, a curare il fuoco, dandosi il cambio per riposare sui sacchi a pelo stesi in classe.
Le donne si occupavano di portare qualcosa da mangiare, una zuppa di miso calda che li riscaldasse, il caffè che li tenesse svegli.
Loro a turno controllavano la temperatura, aggiungevano legna, facevano respirare il fuoco in un paesaggio completamente nero e sommerso nel gracidare delle rane.
Tante risate, tanto sake (che il maestro aveva chiesto di evitare per non perdere la concentrazione), tante stelle sulle nostre teste.
Intorno al fuoco, come in una cerimonia che sa di antico.

La tribù intorno al fuoco

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