Di giorni come quello di ieri, nella mia vita ne conto tre.
Li ricordo tutti con precisione.
Il primo nel maggio del '96: io che la mattina in cui la sinistra ha vinto corro per i corridoi del liceo e salto al collo di Campo, che come me aveva aspettato tutta notte gli stessi risultati. Gli era uscito un "ce l'abbiamo fatta", come dicono i pensionati al bar che commentano le partite di calcio in prima persona.
Davvero sentivamo che qualcosa sarebbe cambiato. Avevo 15 anni.
La stessa sensazione, lo stesso brivido poi in una sala dell'Eurisko (esattamente 10 anni dopo), mentre intervistavamo al telefono gli italiani sui loro consumi: dopo tre giorni di attesa era circolata la voce dei risultati ufficiali delle elezioni, con la vittoria di Prodi.
Di poco, per un pelo. Ma quel poco bastava a farci respirare un'aria diversa, a farci immaginare (tra un'intervista e l'altra) un futuro a breve termine che magari di interviste telefoniche non ne avrebbe più previste.
Si dava già per scontata la legge sul conflitto di interessi, e che quindi o la politica o l'informazione sarebbero diventate una cosa seria.
Almeno una delle due, per esclusione.
Inutile dire che è durata poco, talmente poco da farmi pensare di essere quasi rassegnata a delusioni del genere.
Ma una sentenza come quella che ieri ha bocciato il Lodo Alfano (di cui mi ha informato un intervistato con cui quasi ci mettiamo a piangere al telefono), riesce a dimostrarmi che quello spirito non l'ho perso; dimostra che qualcosa ancora può andare nel verso giusto (quello del buon senso), che in Italia c'è ancora qualcuno che ha il coraggio di onorare la carica che ricopre e di fare quello su cui Napolitano ha chiuso gli occhi.
Fa sentire un pò più liberi e meno precari. Un pò più fiduciosi se vuoi.
Anche perchè finalmente di fianco al pc dell'Eurisko tutti i giorni posso appoggiare il Fatto Quotidiano, che scrive in modo chiaro quello che ho sempre sperato di leggere in un giornale.
Quello che di questi giorni è realmente impagabile sono gli attimi di attesa, le innumerevoli visite sul sito della Repubblica in attesa del verdetto della Consulta.
E' quello che vedi negli occhi di chi ti sta accanto e che sente ciò che tu senti: c'è una luce diversa, una forza ed un'allegria incontenibile e lucida.
C'è la complicità, anche se non ci si conosce, come se si fosse vinta una partita in cui si è giocato insieme.
I messaggi che cominciano ad arrivare sul cellulare per condividere la gioia, anche se non sappiamo ancora se e che cosa cambierà, e qualcuno che promette pasticcini per festeggiare il giorno dopo o che propone una colletta per inviare un fascio di rose rosse a De Benedetti.
2 commenti:
spero che questo spiraglio di libertà, di giustizia e di correttezza sia l'incipit di un enorme raggio senza fine.
Lo spero proprio, anche se ti confesso che ho sempre un pò paura...
Speriamo che sia l'inizio di qualcosa di più decisivo.Vorrei che vedesse di che pasta sono fatti i giudici che non si lasciano intimorire.
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